L'Oscar Mondadori ripubblicato tra ritratti caricaturali di Montale, Landolfi e Moravia
La poesia di Alfonso Gatto torna in libreria. A quarantuno anni dalla sua scomparsa Mondadori ripubblica l’Oscar uscito nel 2006 “Tutte le poesie” in un’edizione rinnovata graficamente, aggiornata e ampliata con testi inediti che palesano non solo l’aspetto più ironico e goliardico della sua inquieta e ricca personalità e mostrano parte della grande rete di relazioni d’amicizia e scambi culturali che il poeta e pittore ha tessuto negli anni con intellettuali e artisti, ma delineano anche quell’ossessione benevola che lo ha accompagnato tutta la vita: il bisogno di ritrarre l’uomo nel mondo sia con le parole, sia con le immagini.
La poesia di Alfonso Gatto torna in libreria. A quarantuno anni dalla sua scomparsa Mondadori ripubblica l’Oscar uscito nel 2006 “Tutte le poesie” in un’edizione rinnovata graficamente, aggiornata e ampliata con testi inediti che palesano non solo l’aspetto più ironico e goliardico della sua inquieta e ricca personalità e mostrano parte della grande rete di relazioni d’amicizia e scambi culturali che il poeta e pittore ha tessuto negli anni con intellettuali e artisti, ma delineano anche quell’ossessione benevola che lo ha accompagnato tutta la vita: il bisogno di ritrarre l’uomo nel mondo sia con le parole, sia con le immagini.
Gli
inediti sono venti poesie in cui Gatto fa parlare alcuni suoi contemporanei, dai
pittori Aldo Gentilini, Corrado Cagli e Emilio Vedova ai poeti Eugenio Montale
e Attilio Bertolucci, fino agli scrittori Alberto Moravia, Alessandro Bonsanti
e Tommaso Landolfi, selezionate dal curatore del volume Silvio Ramat tra una pila
di dattiloscritti ritrovati da Filippo Trotta, nipote di Gatto e direttore
della Fondazione a lui intitolata.
“Forse
Gatto aveva pensato di pubblicare queste caricature poetiche perché non sono fugaci
scritti a penna ma dattiloscritti ordinati in un faldone – racconta Trotta –
Non sono datati, ma probabilmente risalgono agli Anni ’70 e forse sono il
frutto di discussioni nelle serate romane che Gatto ha trascorso con Ruggero
Jacobbi e altri amici”.
Tra
i testi inediti c’è anche un epigramma dedicato alla morte di Pier Paolo Pasolini,
avvenuta il 2 novembre 1975, pochi mesi prima dell’incidente stradale che l’8
marzo 1976 ha stroncato la sua stessa vita. All’amico Pier Paolo che gli aveva sempre
mostrato stima e fiducia, che l’aveva voluto sul set di “Teorema” e di “Vangelo
secondo Matteo” (nel ruolo dell’apostolo Andrea) e con il quale aveva condiviso
anche la pratica del giornalismo attento alle evoluzioni della società, il
poeta di Salerno dedica un compianto in rima, forse incompleto, ma pregno di
emozione con un riferimento finale al corpo abbandonato dopo la ferocia: “Morendo
Pasolini ha avuto il torto di non parlar da morto. / O se avesse parlato
avrebbe avuto giustizia per quel muto /che di lui serba l’ultima parola forse
d’aiuto. / In terra giacque la sua carne sola.”.
In
questi brevi ritratti, Gatto alterna il tono sarcastico a quello più posato e
dosa lo sberleffo in base alla figura alla quale da voce in prima persona sfogando
uno dei suoi “pensieri” che abbiamo recentemente letto nei quaderni pubblicati a
inizio anno da Aragno Editore, ossia la convinzione che “chi non ha mai giocato
nella vita, non prenderà mai nulla sul serio”.
Così
fa dire a Montale: “Credevo di zittire
/ e parlavo con me tenendo duro
/ col
mio silenzio, costeggiando il muro”; a Landolfi: “Il gioco sempre fatto /
è
ancora da rifare, / parola di quel naso / che resta solo intatto / al povero
Tommaso”; e ad
Albero Moravia: “Confermo quel che sapevo / e so quello che affermo.
/ Sono un vecchio raffermo / ma salvo qualche tic”.
A
dare maggiore completezza al volume inserito nella collana Oscar Baobab Moderni
che contiene l’opera integrale del poeta di Salerno, da “Isola” (1932) al
postumo “Desinenze” (1977), ci sono altre due aggiunte. Una dedicata alle “poesie-fiabe-rime-ballate
per i bambini d’ogni età” riunite ne “Il vaporetto”, libro pubblicato per la
prima volta nel 1963 da Nuova Accademia in un’edizione che conteneva anche i
disegni della seconda compagna del poeta, la pittrice triestina Graziana
Pentich, con la quale visse dal ‘46 al ’70. L’altra, nell’Appendice, fra le “poesie
non raccolte in volume”, sono i quindici componimenti inclusi nel 1964 nell’antologia
“Poesia satirica nell’Italia d’oggi” (Guanda) curata da Cesare Vivaldi.
“Rimettere
in circolazione le poesie di Alfonso Gatto ha un gran valore visto che con
l’esaurirsi dell’edizione del 2006 era diventato di nuovo un poeta introvabile”
ha sottolineato Silvio Ramat, felicemente meravigliato dall’imponenza del libro
che ora gode di 890 pagine (26
euro) e dall’aspetto più giocoso anche grazie alla copertina realizzata da Ivan Tresoldi, esponente
della poesia di strada contemporanea, riconoscibile per l’ideazione di una
‘font” di scrittura lineare e colorata che usa per scrivere i suoi versi sui
muri, legato alla figura di Gatto per essere stato uno dei writer coinvolti nel
progetto “Muri d’autore” che ha riempito di poesie le Fornelle a Salerno,
l’antico rione nativo del poeta.
Sulla
copertina compaiono delle finestre che richiamano alla mente quell’immagine che
più sintetizza la poetica che rese Gatto uno dei maggiori esponenti
dell’ermetismo italiano, quel partire e tornare ai suoi stessi occhi come se lo
vedessero partire e ritornare rimando alla finestra per salutarsi.
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