sabato 29 luglio 2017

La scrittrice Silvia Avallone: "Io, pazza dell'isola di Arturo"

Il libro da cui Silvia Avallone non riesce a separarsi è L’isola di Arturo di Elsa Morante, storia immortale ambientata nella selvaggia Procida del 1938 che proprio quest’anno festeggia 60 anni dalla conquista del Premio Strega. Quello che affascina e lega la scrittrice a questo romanzo è il percorso adolescenziale del protagonista. “L’isola di Arturo per me rappresenta l’estate degli adolescenti, quel tempo di fioritura e di metamorfosi pieno di contraddizioni che mi piace tanto raccontare anche nei miei libri” spiega l’autrice che sta trascorrendo l’estate in giro su e giù per l’Italia per presentare il suo nuovo romanzo Da dove la vita è perfetta (Rizzoli). 



Silvia, come nasce quest’attrazione per l’adolescenza?
Forse dai ricordi biografici. L’adolescenza è stata per me un’età forte. L’età delle decisioni di cosa volevo diventare, l’inizio delle passioni, la filosofia e la letteratura. E’ stato un tempo travagliato. Non sai chi sei ma vuoi provare a essere qualcosa. Io ho scelto di essere quello che sono durante quegli anni. 
Cosa facevi durante quelle estati?
Staccavo dalla vita normale a Biella e andavo a Piombino dove vivevo una libertà diversa in luoghi nuovi. Ricordo quando sono andata per la prima volta in libreria da sola e quando ho cominciato a scrivere in maniera più consapevole. Scrivevo poesie nella mia officina privata per amiche e fidanzati e poi gliele regalavo. Sono stata adolescente nell’era in cui scrivere le proprie emozioni era una cosa ancora privata. Quella chiusura che ho vissuto è stata la mia gavetta. Aver lavorato in solitario mi ha aiutato da “Acciaio” in poi. Le letture in pubblico sono arrivate con l’università. Oggi posso dire che c’è stato un grande valore in quel non pubblicare tutto subito.
Come e quando sono nate le tue storie?
Ho sempre gettato i semi dei miei libri d’estate, tra giugno e settembre, leggendo molto. 
Da quando sei diventata mamma di Nilde, 19 mesi fa, cosa è cambiato nel tuo modo di approcciarti alla scrittura?
Innanzitutto è cambiato lo spazio per la lettura. Se lei non dorme, non posso leggere. E questo per me è un cambiamento grande perché leggere è sempre stata la mia attività preferita, al mare o in montagna. Il cambiamento però è stato positivo. Per ora la maternità per me è stata un’opportunità dal punto di vista creativo. Ho scritto “Da dove la vita è perfetta” l’anno scorso sempre insieme a lei. La sua presenza fisica mi ha aiutato. Grazie a lei ho sviluppato nuove competenze. Peccato che il mondo del lavoro non capisca che la maternità è un’aggiunta, non una perdita. Le madri non devono sacrificare tutto. Possono essere imperfette e non devono fare tutto da sole. I padri sono fondamentali. Entrambi i genitori devono avere un ruolo. Questo restituisce un lavoro di squadra. 
Hai scelto di portare Nilde con te nel tour dedicato al libro?
Sì, è sempre con me. Cerco di conciliare le presentazioni del libro con l’estate e sto cercando di capire come funziona la vacanza a misura di bambino. Prima guardavo da fuori questo mondo, ora anche per me è tutta un’impresa arginare un pianto, evitare la noia della bimba. Quando arriva un bambino si riapre  un mondo in cui gli adulti devono rientrare. Ora appena arrivo in un posto nuovo, cerco un parco giochi, spiagge con attrezzature, bar e fasciatoi nei paraggi, proprio io che ero un’amante degli scogli e le spiagge isolate. Farò vacanze meno pericolose, ma sempre con gli occhi aperti.
Sei una mamma giovane. Cosa rappresenta la maternità per te?
E’ una sfida seria. Hai a che fare con l’inizio di una storia. Hai tra le mani la felicità e la personalità di un’altra persona. C’è la volontà di essere perfetti e sai che quello che fai è per far in modo che tuo figlio possa separarsi da te. La cosa che mi sta emozionando di più è l’inizio del linguaggio di mia figlia. Il modo con cui usa e storpia le parole. Mi emoziona che ora capisce quello che le dico e che cerca la parola giusta per dire una cosa. E’ affascinante. Vedo una persona che fiorisce. Sto  conservando e numerando le parole che inventa e un giorno, quando sarà grande, gliele regalerò.
Al centro del tuo interesse ci sono sempre le parole…
Sì, le parole sono al centro del mio mondo. Le parole devono essere precise nel raccontare la realtà e nel descrivere il tempo storico. Sono figlia di Elsa Morante in questo, ma anche di Elena Ferrante. Ho letto i loro libri e apprezzato il modo di scavare dentro i tabù e le contraddizioni anche della maternità, sia essa rappresentata con mamme-coccodrillo e con mamme-narciso. A me piace la letteratura di scavo, d’indagine.



Che mamma sei?
Devo ancora scoprire io che mamma sono. Sicuramente una mamma italiana al cento per cento nelle tipiche caratteristiche. Ho già chiaro che un figlio è un azzardo verso il futuro, è una rivoluzione. Peccato che la mia generazione sia così sfortunata e spesso decida di privarsi dei figli per ragioni economiche. E’ un dramma di questo periodo storico. Però a volte proprio con l’incertezza viene la voglia di mettere qualcun altro prima di noi. Si chiudono gli occhi e si salta.
Sei stata ospite a Massenzio a Roma a Letterature insieme alla scrittrice marocchina Leila Slimani che nel suo romanzo Ninna nanna affronta una maternità-narciso in cui la protagonista sembra preferire il lavoro ai figli. Hai letto il libro?
Sì, mi è piaciuto, anche se è molto cupo. L’ho apprezzato, ma soffrivo mentre lo leggevo. Non c’è nulla di me in quella madre. Io in generale anche quando scrivo provo sempre a ritagliare una fettina di bene. 
Che musica ascolti questa estate?
Passo da Mozart alle tammurriate. 

Il Mattino - 13/07/2017

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