sabato 29 luglio 2017

Teo Teocoli, 30 anni fa portava in scena il 'marocchino', migrante gentile e dolce

Teo Teocoli non ama leggere, né scrivere. Il suo passatempo preferito è sempre stato l’osservazione, attività che continua a praticare anche se il ritmo della sua vita ha rallentato e le occasioni per portare le imitazioni in pubblico sono diminuite.
A 72 anni, dopo carriera lunga e variegata senza interruzioni, al fianco dei mostri sacri della comicità italiana al cinema, in tv e a teatro, Teo Teocoli si gode un’estate “normale” a Ibiza, isola spagnola che frequenta da 50 anni e dove oggi ha una cosa in campagna che condivide con la moglie molti mesi l’anno.
“Una volta ero un playboy ora sono diventato una persona normale” dice Teo dal suo fresco casolare da contadino immerso nel verde, circondato da galline e da 50 palme che ogni mese deve “salvare dal punteruolo rosso”.
Teo, come trascorre le giornate?
Niente più scossoni estivi per me. Gli yacht e le discoteche non mi riguardano più. Passo il tempo a verniciare le porte, a fare il muratore, vado al mare nelle ore più fresche, chiacchiero con gente di tutte le nazionalità. Faccio cose semplici, cose che sembrano banali. Non so più cosa siano le vacanze. Sto qui isolato e beato. 
Come ha scoperto Ibiza?
Grazie al Dogui dei film di Vanzina, il caro amico Guido Nicheli. Mi portò qui e rimasi abbagliato dalla Spagna. Mi ricordava l’Italia del Sud dove passavo le estati con i nonni. Quando arrivai c’era ancora il cinema, che ora è chiuso, e per coincidenza davano Il padrone e l’operaio di Steno del 1975 in cui recitavo anch’io e tutti cominciarono a chiamarmi obrero.
Cosa ricorda delle estati da bambino?
Ricordo le gite al mare a Reggio Calabria con i nonni.  Portavamo con noi sempre la pasta in spiaggia. E ricordo il momento del bagno nel mare dello stretto, dove c’erano le correnti: tutti i parenti mi circondavano, pronti a salvarmi. Mi divertivo, a eccezione del momento di pulirsi i piedi a ritorno dalla spiaggia. Per me era una tortura tanto che un giorno, a 3 anni, per evitarlo scappai e attraversai la città da solo. Ho raccontato questo episodio anche da Fazio. Feci spaventare tutti. Vennero a cercarmi ma riuscii ad arrivare a casa da solo. Mia mamma quasi svenne quando mi vide, poi mi schiaffeggiò. 
Mostrò il coraggio di camminare da solo.
Sì, anche nella vita non cerco l’aiuto di nessuno. Sono uno che cammina da solo. 



Che pensa della televisione di oggi?
Non mi piace molto quello che vedo. Oggi lavoro poco. La tv mi snobba un po’. Eppure io penso di poter fare qualcosa di più, ma se non mi danno l’opportunità, lascio perdere. Non me ne preoccupo e mi godo la natura. Forse sono fuori epoca. 
Tra i suoi personaggi più amati c’è il giornalista sportivo Felice Caccamo. Come è nato?
E’ nato grazie a un anno e mezzo trascorsi a Napoli quando avevo 17 anni. Scappai di casa e mi feci prestare 10 mila lira dalla signora Bianchini che aveva un negozio di biancheria vicino casa. Così arrivai a Napoli. Lì c’erano degli zii che mi volevano bene. In poco tempo diventai napoletano e, osservando i gagà di via dei Mille, nacquero i primi sintomi dell’imbroglione Caccamo. 
Cosa ha imparato da Napoli?
Che Napoli è Napoli, un regno dove c’è un modo diverso di pensare, di lavorare, di superare le cose brutte. Il napoletano è più bravo a tirarsi fuori dai guai, però è anche bravo a buttar via le sue bellezze, sia quelle dell’uomo sia quelle naturali. Non agevola il turismo, e qui dalla Spagna che è partita dopo di noi, lo noto di più. Ma è indimenticabile per me il periodo passato a Napoli. C’era un’atmosfera di felicità e io ero capace di fare a piedi da Capodimonte a Beverello. Scoprii anche Capri e Ischia, poi andai a Milano e li feci la mia vita.


A Milano nacque il personaggio del marocchino, trent’anni fa, quando i migranti erano percepiti in maniera diversa da oggi. 
Il marocchino era quasi un fantasma, poco invadente. Ti giravi e te lo trovavi dietro con un tappeto sulla spalla. Si avvicinava piano, era dolce, non aggressivo. Camminava adagio, si aggirava. Era simpatico, gentile, ma nessuno comprava mai i suoi tappeti. Eh, sì oggi le cose sono molto cambiate. 
Che canzoni ascolta quest’estate?
Non è più il tempo della musica di Scandalo al sole che ci faceva innamorare tutti. Qui arrivano cover spagnole di Pausini e Ramazzotti. Io ascolto poca roba, a volte “Estate” di Gabbani. Francesco mi aveva contattato per Sanremo. Voleva che cantassi con lui “Susanna”. Non accettai perché non c’è bisogno di un’ennesima imitazione di Celentano, anche se quando lo imito lo sostituisco. Basta che mi metto un occhialino sono come lui! Però mi ha reso felice scoprire in Gabbani un altro ‘celentaniode’, come Checco Zalone. Ma sappiate che subito dopo Adriano vengo subito io. I giovani hanno ancora da studiare. 
A proposito di giovani. Le piace Virginia Raffaele?
E’ una novità assoluta. Un’artista completa ed è pure bella e brava a scegliere personaggi fuori dalla solita cerchia puntando su donne agé. Abbiamo lo stesso truccatore, Bruno. Quando ci siamo incontrati le ho chiesto se le mette pure a lei sempre la mano sulla testa, come faceva con me. Virginia mi chiama ‘Maestro’, ma non mi piace perché mi fa sentire vecchio. Una volta chiamai così Gassman che venne qui a Ibiza e lui mi rispose acido: ‘Maestro sarà lei'… Quando sono stato a vedere Virginia a teatro, mi ha invitato al suo spettacolo-tv per fare un balletto tra la sua Carla Fracci e il mio Bolle. Avremmo potuto far duettare anche Vanoni e Celentano, poi però non se n’è fatto niente. Peccato, sarebbe stato divertente. Ma oggi ci sono cose che non riesco a capire... Spero di realizzare presto il mio sogno di aprire una scuola di cabaret a Milano. 

Il Mattino - 28/07/2017

Nessun commento:

Posta un commento