venerdì 15 settembre 2017

Il giornale per i giovani? Un oggetto di antiquariato, scomodo e inutile

L’estinzione dei giornali cartacei è nell’aria da tempo, ma a farmi avvertire di essere già nel pieno dell’era post-carta sono i stati gli studenti di alcune classi di scienze umane del Liceo Benedetto Da Norcia di Roma che ho incontrato lo scorso anno scolastico per un corso di giornalismo inserito nell’alternanza scuola lavoro. 
Per questi adolescenti i quotidiani sono oggetti estranei che maneggiano con difficoltà. “Troppo grandi”, “troppo scritti”, “troppo grigi”, tanto che il primo giorno che ho portato in classe vari esemplari dei principali quotidiani italiani, questi hanno sgranato gli occhi e mi hanno chiesto: “di quando sono questi giornali?”, come se avessi tra mani un qualcosa proveniente da un’altra epoca. 
Erano giornali del giorno, ma ai loro occhi apparivano come “oggetti d’antiquariato”, “scomodi e inutili”, e si erano predisposti per una lezione di storia più che di attualità. 
La sensazione di stupore e spaesamento è rimasta anche quando abbiamo cominciato a leggere un paio di articoli sulle principali notizie del giorno che alcuni avevano già ascoltato la sera prima al telegiornale o letto in forma breve sullo smartphone, perché la lettura del malcapitato chiamato a prestare la voce si è interrotta spesso. E non per secchezza delle corde vocali, ma per “stanchezza delle braccia” o addirittura perché non si raccapezzava tra le colonne dell’articolo. “Dove continua, prof?”. “Prof, è difficile sfogliarlo sto giornale, svolazza”. “Perdo le pagine, perdo il filo!”. “E i pezzi sono troppo lunghi”. 
E infatti molti si sono persi tra le righe della narrazione e non hanno seguito la lettura, mentre altri, dopo un primo impatto freddo, si sono lasciati incuriosire e, oltre a commentare le notizie e fare qualche domanda sull’oggettività delle scelte del giornalista, hanno voluto toccare, annusare e sfogliare tutti i quotidiani che avevo portato in classe, come per vivere una nuova emozione. Un’esperienza da raccontare. 
Regà, non sapevo che esistessero così tanti giornali!” è stato il commento di una studentessa che di quotidiani prima di quel momento ne aveva maneggiati davvero pochi, solo occasionalmente, quando un genitore ne aveva lasciato qualche esemplare in bagno o in sala d’attesa dal dentista.  



Ovviamente questo è uno scenario parziale. Esistano senza dubbio ancora tanti adolescenti curiosi di leggere un giornale cartaceo, quotidiano e periodico che sia. Magari non vanno a comprarlo in edicola, ma se ne trovano una copia al bar, o nella metropolitana, o nel salotto di parenti e amici lo sfogliano con gusto e lo leggono con attenzione, ma l’impatto che ho avuto con questi ragazzi romani nati nel 2000 è lo specchio di una realtà che esiste eccome e ci parla del futuro, oltre che del presente.
Per gli adolescenti di oggi la stampa cartacea non fa parte del proprio mondo di rifermento. Viene dal passato - “è un oggetto preistorico” -, mentre nel loro presente ci sono le notizie brevi sul cellulare lette in piedi su autobus affollati e rumorosi, arricchite con immagini e video accattivanti. Non c’è da stupirsi, quindi, se quando un adolescente si trova tra le mani “Il Foglio”, ne rimanga spiazzato, spaesato ed esclami: “E’ ostico”. Né c’è da meravigliarsi se la prima cosa che nota sulla prima pagina di “La Repubblica” o del “Corriere della Sera” fossero le fotografie di fianco al titolo. 
Tutto torna. E’ tutto logico. Infatti non sono rimasta delusa, né sorpresa delle reazioni registrate in classe perché avevo messo in conto la distanza che c’è tra me che sono cresciuta adorando e collezionando stampa di ogni tipo e che nel 2000, quando loro nascevano, sognavo di riempire d’inchiostro interi paginoni con i miei reportage, e i giovani di oggi allevati con pane e tablet, web, youtuber e twitt. 
Ma è proprio questa distanza che mi ha esaltato perché mi ha messo di fronte una verità indiscutibile: la conoscenza del mondo senza prendere in considerazione la vita dei giovani e la loro percezione della società è parziale, mozzata, mutilata. 
Quel meraviglioso e travagliato tempo di metamorfosi che è l’adolescenza, è tempo di fioritura, ma anche di contraddizioni. E’ un’età all’ennesima potenza: uno specchio della realtà più di ogni altra realtà. 
I tatuaggi, le pance nude, le unghie finte, lo spinner tra le mani, l’abbracciarsi per poi offendersi, farsi le trecce e poi fare la spia, le discussioni infervorate su droga, alcool, baby ricchi e macchinine, campi concentramento in Cecenia, terrorismo e Ariana Grande, unioni civili, omosessualità, razzismo, rom, Blue whale, la ninnananna di Ghali e le parole dei genitori spesso ripetute per inerzia, mi hanno mostrato un po’ del nostro mondo più di qualsiasi giornale. 




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